All’inizio non avevo dato importanza alla cosa, dicevo: ci sarà la solita smentita, come d’altronde è già successo. Ma la realtà ha superato ogni previsione.
Antefatto: si stanno moltiplicando le iniziative parlamentari per "regolamentare" la Rete.
Ci aveva già provato nel 2007 il deputato Levi, guardacaso giornalista, con una proposta (subito soprannominata Ammazzablog) risalente ancora alla scorsa legislatura che, se approvata, avrebbe costretto i tutti i blogger ad iscriversi al ROC (Registro degli Operatori della Comunicazione). La proposta è stata ripresentata nel giugno 2008.
Poi è stato il turno del Senatore D’Alia con l’emendamento 50 bis al DDL 733 in materia di sicurezza denominato Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet, che se attuato porterebbe alla chiusura di portali come YouTube o Facebook (godetevi l’intervista di Gilioli a D’Alia sull’argomento.)
In mezzo c’è stata la proposta forse più seria messa sul tavolo finora, scritta dall’onorevole Cassinelli in collaborazione con una buona rappresentanza della blogosfera italiana, la cosiddetta Salvablog.
Ma c’è stato anche Luca Barbareschi, famoso attore ed ora anche politico, con un’iniziativa (DDL 2188) che si occupa prevalentemente di diritti d’autore e pirateria digitale e che era stata inizialmente attribuita alla SIAE. Proprio la vicenda di questa attribuzione, arrivata da Altroconsumo e poi smentita dalla SIAE stessa (come già raccontato in questo post) era stata a suo modo istruttiva: perché l’attribuzione arrivava dall’aver spiato nelle proprietà del file messo on-line, che alla voce "autore" conteneva l’unica parolina "siae". Ma un buon editor esadecimale è certamente in grado di modificare quella proprietà del file, che Altroconsumo aveva messo online senza dichiararne la fonte. Poi l’outing di Barbareschi aveva posto fine al caso.
Fine del lungo antefatto.
A questo punto è entrata – è il caso di dirlo – prepotentemente in scena Gabriella Carlucci, soubrette passata al duro mestiere di onorevole, che il 3 marzo ha presentato la sua proposta, 4 articoli che il noto avvocato Guido Scorza, esperto di legislazione su Internet, ha ridicolizzato in un commento dal titolo eloquente, uscito su Punto Informatico: Vogliono chiudere la Rete. Scorza tra le altre cose faceva notare che, come nel caso SIAE-Barbareschi, le proprietà del file messo in Rete palesavano un autore diverso, tal Guido Rossi presidente di Univideo (associazione di categoria che raduna le majors dell’home-video, evidentemente molto interessate a regolamentare la Rete per difendere i propri enormi interessi economici). Doveva arrivare una smentita dagli interessati, non poteva andare diversamente…e invece la Carlucci, sgamata, ha candidamente ammesso la complicità di Rossi, provando a difendersi con affermazioni che l’hanno gettata ancor più nel ridicolo: la proposta di legge sarebbe una risposta al grave problema della pedofilia su Internet (ma nel testo di legge non vi è assolutamente traccia di ciò, è solo una norma contro la pirateria online): la vera e reale finalità della mia iniziativa, al contrario di quanto maliziosamente riportato, si evidenzia dal fatto che i due documenti recano titoli inequivocabili: pedo_relazione e pedo_proposta. Ci hanno provato in tanti, a trovare quei due nomi, ma non c’è riuscito nessuno. E’ probabile che ve ne sia traccia solo nella memoria ahimé molto volatile della soubrette. Rossi, dal canto suo, ha affermato che la sua collaborazione era a titolo personale, fruendo del tempo libero ed utilizzando un laptop che ha lasciato nel file la firma Univideo. L’apporto sarebbe stato però privato e volontario (nonché a titolo gratuito), dissociato dalle funzioni professionali. Caso strano però, perché pochi giorni prima ad un convegno in cui rappresentava proprio Univideo aveva affermato testualmente che Internet non serve all’umanità. Cicero pro domo sua.
Nota a margine: la Carlucci non è nuova ad uscite che la rendono antipatica. I commenti alle sue affermazioni uscite il novembre scorso in merito al proprio stipendio da parlamentare (è troppo basso!) non erano proprio zeppi di carinerie.
Aggiornamento: Guido Scorza su Punto Informatico del 18 marzo riporta e commenta le ultime novità sulla vicenda: la Carlucci ha inviato (ancora!) un file in allegato alla e-mail di risposta alle critiche che l’avevano sommersa nei giorni precedenti e il testo (peraltro pieno di luoghi comuni e contraddizioni) risulta un copia e incolla fedele di un post preso da un sito di cui non cita neanche l’autore. Fra l’altro vi si legge:
E’ stato detto che la proposta di legge avanzata dall’On.Carlucci di vietare l’anonimato su Internet tende a mascherarsi dietro alla pedofilia, ai reati di diffamazione (sempre più frequenti) e ad altri reati, ma che in effetti è studiata per difendere il Diritto d’autore e punire chi illegalmente scarica dalla rete opere coperte da tale Diritto. Bene, e se così fosse cosa ci sarebbe di strano?
Di strano c’è che le bugie non si dicono, soprattutto nell’esercizio del proprio ruolo di parlamentare.
Ma perché la signorina in questione non si ritira in buon ordine e, soprattutto, la smette di pubblicare file di dubbia provenienza?